Leggere attentamente


ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, se qualcuno dovesse riconoscersi in tilla papilla bullo ti sbullo o sullo catullo o, riconoscere qualcun'altro, probabilmente è affetto da una forma degenerativa della coscienza, malattia che ancora non ha nome e chissà se mai lo avrà, e semmai dovesse averlo si correrebbe il rischio che qualcun'altro potrebbe riconoscersi nel nome di quella malattia, comunque, ritornando a questa forma degenerativa si consiglia agli affetti da tal malanno una buona dose di cazzi propri, da farsi naturalmente

giovedì 28 aprile 2016

Call me


Ci sono anche quei periodi in cui contattare un call center cresce in maniera esponenziale alla rottura di qualcosa o al mancato funzionamento di qualcos'altro.
Ecco, questo è il mio.
Vuoi per un motivo, vuoi per un altro, ne ho dovuti contattare diversi.
Ora, partiamo dal presupposto che se chiamo un'azienda italiana, mi aspetto la collaborazione di un tecnico italiano.
In realtà anche se chiamo un'azienda straniera che però ha sedi in tutto il mondo, nostra penisola compresa, mi aspetto altrettanto.
Nein!
Sono tutte persone straniere.
Per carità, niente da eccepire sull'uso della lingua, sulla reciproca comprensione e sulla gentilezza e cortesia ma, cazzarola, perchè mai il numero verde servizio italia dell'azienda pinco palla mi risponde dall'Ucraina? O dalla Romania?
Vabbè che le femmine di quei paesi sono fighe (ma solo quando sono giovani che alla distanza si perdono mentre noi teniamo  il passo ostinatamente), vabbè che di solito nascono con  un traduttore incorporato della capacità di almeno 5 lingue  (noi a malapena parliamo la nostra a volte neanche benissimo e qualche dialetto che non fa curriculum) ma perchè non c'è più un call center italiano?
Lo so,  la mia è una domanda retorica perchè alla fine della fiera è sempre e solo un problema di soldi, di stipendi, di risparmio.
Però può non starmi bene?
Cioè a loro piacerebbe che chiamando il servizio clienti di un'azienda di Bucarest rispondesse un'italiana?
"Bună dimineața , aș dori să știu de ce nu am telefon linia"
(buongiorno vorrei sapere perchè non ho linea telefonica - google traduttore docet)
"ehm uhm, sciura repeta por favor speak pian pian che no comprendo"
Che se vogliamo proprio dircela tutta chi parla il rumeno se non i rumeni?

(la signorina nella foto, non lavora in nessun call center, sappiatelo!)




giovedì 21 aprile 2016

Running up that hill


Esistono tanti tipi di ansia, quella da prestazione, quella dovuta all'emozione, quella per un evento o un incontro.
L'ansia, di per sé non è un male, se sta entro limiti accettabili e non insiste a starci addosso come una cozza facendo di noi il suo scoglio preferito.
Quando si propone è fino piacevole quando si manifesta con quel friccicorino d'attesa che c'investe, quando ci offre quel vuoto allo stomaco che con la fame non ha nulla a che fare.
Questa fa parte del tipo che tranne le facce buffe, la ripetizione a nastro delle stesse cose, il cambio compulsivo di abiti, non fa male, anzi, ha una sensibilità propria e sparisce nel momento in cui la prestazione, l'emozione, l'evento o l'incontro hanno luogo.
Poi c'è quella bastarda, quella che con te ci sta proprio bene, così bene che non ti abbandona mai, che si sente sola di notte e ti sveglia, che si sente frustrata e chiede la tua attenzione, quella che si annoia e ti chiama.
E lo fa con prepotenza.
Ti si getta addosso in maniera pesante, ti schiaccia.
E più ti ribelli più s'impunta.
E tu la punisci con l'ansiolitico, perché è così che lo chiami, che antidepressivo suona male.
E poi mica sei depressa.
Te lo ripeti come se ti vergognassi, come fosse una malattia insanabile e altamente infettiva.
Ma se ci pensi, se ci pensi bene, quelle goccine che ti aiutano a vivere un po' più serenamente, se davvero le chiamassi per nome, dovrebbero farti riflettere e capire che magari dentro dentro, nel profondo, inconsapevolmente anche a depressione sei molto simpatica e con ansia sono amiche per la pelle.
Inscindibili.
Quindi scavi dentro te aspettando di capire da dove tutto è partito, anche se un po' lo sai.
Ma il rimedio non è a portata di mano.
Quindi fai l'unica cosa possibile: ti dopi e vivi meglio che puoi.

(running up that hill - placebo)

giovedì 7 aprile 2016

Psyco killer

Quando ho deciso di uccidere la mia famiglia, non l'ho fatto perché li odiavo
In realtà era da tanto tempo che desideravo che qualcuno mi notasse.
Ad un certo punto gli amici lasciano il tempo che trovano, soprattutto in un paesino come quello in cui vivo.
Volevo di più, volevo che tutti guardandomi, mi riconoscessero.
Sapevo che avrei dovuto fare le cose per bene.
E le ho fatte.
Ho finto di trovarli, di disperarmi.
Mi sono gettato tra le braccia di perfetti sconosciuti che cercavano di cullare il mio dolore.
Il mio dolore....
Ma loro cosa potevano sapere?
Ho fatto in modo che su di me ricadessero solo sospetti, nessuna prova certa.
Ero solo un candidato in mezzo agli altri.
Non importava che ci fossero colpevolisti e innocentisti, facevo notizia, avevo centrato in pieno l'obiettivo.
E tutto è cominciato.
La mia faccia su tutti i giornali, invitato in qualsiasi talk show, le donne che mi cadevano ai piedi.
Ah, il fascino del ragazzo maledetto.
Fama, ricchezza, senza sforzi.
Ero arrivato.
Ma non durò a lungo, solo fino al successivo omicidio.
In men che non si dica la faccia di qualcun altro aveva sostituito la mia, gli abbracci cullavano il dolore finto, vero, chissà, di altri e io mi ritrovai esattamente dov'ero partito.
Ma al contrario del principio, ero solo.
No, no, tranquilli, nessun pentimento, se tornassi indietro rifarei le stesse cose, rivivrei quelle emozioni mille volte e mille volte ricomincerei.
Perchè se per la società sei qualcuno, chiunque tu decida di essere, tutto il resto è discesa, tutto il resto è nulla, tutto il resto è vita.



sabato 2 aprile 2016

Singing in the rain

Oggi riflettevo sul fatto che quando nei filmzzzz c'è una scena in cui i protagonisti, maschi o femmine che siano, sono sotto la doccia, hanno sempre quella postura un po' sexy tipo: braccio steso con mano appoggiata alle piastrelle, testa china con scroscio omogeneo d'acqua direttamente sul capino, gambina leggermente piegata.
Nessun utilizzo di saponi-bagnoschiuma-shampoo, solo questo momento estatico in cui solitamente, lavano qualche vergogna o dispiacere subiti o sangue raggrumato.
In questo caso la scena immediatamente successiva avrà come protagonista  lo scarico, nel quale scorrerà il rifiuto cancellato dal corpo in maniera fluida, lasciando il piatto doccia immacolato.
Uscendo, metteranno una piccola asciugamano intorno alla vita gli uomini e intorno alle tette le donne, senza che un brivido li percorra neppure per sbaglio.
Ora, tutto ciò non è credibile.
Lasciamo perdere che sia difficile che possa capitare di doversi togliere di dosso tracce di sangue, ma una doccia umana prevede:
a) regolazione dell'acqua che sarà sempre un'impresa, troppo calda, troppo fredda, variabile mai stabile con scroscio che dipende sempre da quanto calcare si sia accumulato nei fori del doccione
b) posizioni inenarrabili affinché ad ogni orifizio sia dedicato il tempo e il modo per poterlo considerare adeguatamente ripulito
c) scarico nascosto da dettagli di schiuma che si agglomera esattamente nello stesso punto e che prima di sparire necessità di una considerevole quantità di bestemmie
d) piatto doccia disseminato di peli e capelli la cui reazione all'acqua è quella di abbandonare il corpo al quale appartengono
e) tentennare prima di uscire e balzare verso l'accappatoio; dopodiché tremare e strofinarsi energicamente in attesa di ritrovare una temperatura corporea soddisfacente.
Ecco cosa prevede una vera doccia.
Ed ecco perché la vita è vita e non un film.
Neppure quando facciamo finta di crederci.